‘Cortilando’ lungo la Via della Seta

Una delle mie attività preferite mentre esploro luoghi nuovi è perdermi tra i vicoli (nulla di nuovo penserete voi🙄) ed i… cortili. I paesi e le cittadine della Georgia sono perfette per questo ed i cortili Georgiani sono una vera e propria attrazione, un pò come i suoi famosi balconi che si protraggono, a volte anche esageratamente, sulla strada. Recatevi a Tbilisi in tardo Autunno, uscite per una passeggiata e perdetevi nei vicoli alberati. No, non nella città vecchia e nelle aree turistiche affollate di negozi di souvenir ed enoteche.Dirigetevi invece dove gli abitanti della città vivono, dove le mura lungo i marciapiedi sono punteggiate di piccole finestrelle dalle quali si scorgono sorridenti signore sovrappeso impastare incessantemente quel fragrante, croccante e profumato Puri (il classico pane Georgiano dalla forma allungata). Andate dove minuscoli negozi di alimentari e frutta e verdura o a volte semplicemente banchetti ai lati del marciapiede, offrono invitanti Cachi di un arancione brillante ed intenso, succulente noci (caposaldo della Cucina Georgiana), formaggio fresco e miele dalle vicine montagne. 

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Seguite i vicoli e le stradine e fermatevi a dare un occhiata a quei grandi, caotici, chiassosi, colorati cortili che sono un vero e proprio universo a sé.

Un universo vivo anche nella vicina Europa, fino a qualche decennio fa, e che sopravvive tuttora in qualche paesino nelle remote campagne. Ma qui nel Caucaso ed un pò ovunque nell’ Est, la vita continua ad essere vissuta in questi cortili, ‘prolungamenti’ di vita familiare nei quali appartamenti, case, finestre e balconi dalle ringhiere scolorite e traballanti, si affacciano. 


Un ‘dentro quasi fuori, ma non del tutto’ che rimane privato ma dal quale si può vedere l’esterno rimanendo tuttavia nella propria ‘comfort zone’, sicura e rassicurante. Le famiglie vivono in appartamenti diversi condividendo lo stesso edificio e cortile che diventa la sede comune perfetta per chiacchierate e Supra (tradizionale feste Georgiane) nelle calde serate estive, o per te e caffè pomeridiani d’autunno sotto cieli limpidi azzurrissimi ed alberi dalle foglie multicolori. Piante di viti e glicini si arrampicano elegantemente sulle facciate di legno colorato, un pò sbiadito, per poi continuare la salita attraverso quei balconi ‘ricnhiusi’ da vetri e finestre di ricordo sovietico, fili di biancheria affollano la parte superiore del ‘quadro’ e i panni svolazzano instancabili nella brezza fresca del primo pomeriggio autunnale. Pile di attrezzi e vasi di coccio più o meno vuoti riempiono gli angoli aspettando di essere riposti per la stagione invernale, o forse rimarranno li perché questo e ‘lo stile’ del cortile: un ritratto caotico, confusionario di una realtà viva e concreta, vissuta e reale nella quale la vita si consuma giorno dopo giorno e nel quale curiosi passanti v’infilano timidamente lo sguardo, attratti da quel layout di colori, sensazioni e vita. 

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Io sono quel passante curioso, che, camminando nelle cittadine e paesi del Caucaso, ma anche della Turchia, controlla curiosa quei cortili che mi ricordano la mia infanzia, nei quali correvo in mutande, arrampicavo gli alberi di ciliegio e rincorrevo le galline. 

Man mano che ci spostiamo verso Est diventa più difficile avere uno sguardo su quei cortili. In Iran e Centro Asia i muri si alzano, i cancelli quasi sempre si chiudono a proteggere dai lunghi sguardi curiosi dei vicini. Dove in passato le donne, soprattutto quelle benestanti non lasciavano mai le mura di casa e quei cortili diventavano un vero e proprio mondo esterno e tutto quello che conoscevano. 

Quando passeggio attraverso le vie di Bukhara e di Osh cerco di dare uno sguardo su quei cortili così puliti ed ordinati, così diversi da quelli Caucasici. Sedie e tavoli sono stati sostituiti da raffinati Tapchan, il tradizionale ‘letto’ usato per i te, gli incontri, le siesta pomeridiane, le nottate estive ecc. Insomma un salotto su quattro gambe elegantemente intagliato nel legno ricoperto da coloratissimi tappeti e cuscini. L’uso quotidiano di questi è anche il motivo per il quale i centenari dal Medio Oriente alla Cina sono in grado di sedersi a gambe incrociate o accovacciarsi mentre a noi fanno male le ginocchia al solo pensiero. 

Le grandi città stanno lentamente perdendo i loro cortili e con questi una parte importante di vita familiare vissuta tra quelle mura per generazioni. Che sia semplicemente a causa di un nuovo sistema urbano che ci vede ‘ritirarci’ in comunità sempre più piccole, a volte di due persone o addirittura di una? Gli spazi si restringono, le case ed i cortili anche e cosi anche il nostro senso di famiglia, di vicinato e quindi di comunità. Nel frattempo però io continuo a sbirciare tra le porte semi aperte negli Hutongs a Pechino per avere uno sguardo di quei minuscoli cortiletti di pochi metri quadrati riempiti all’inverosimile. Allungo il collo oltre le basse mura di fango di paesi ai bordi del deserto in Rajasthan dove, tutt’ora la famiglia rappresenta l’intera società e i cortili un vero e proprio villaggio. 

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